Al bistrot di Cannavacciuolo
dimentchi la nebbia di Novara
Pubblicato su "Il Mattino"
di Alessio Cutrì.
Novara questa sera non è fredda. Non c'è neppure nebbia. La cupola di San Gaudenzio sembra
ancora più grande e solenne.
Entro nel Bistrot di Antonino Canavacciuolo. “Buonasera!”, il maître mi aspetta di fronte
all'ingresso. E' sorridente. Lo sarà per tutta la serata. Premuroso e cordiale, mantenendo comunque
una certa algidità.
Al piano superiore, dopo aver sbirciato la cucina a vista, mi accomodo dinanzi ad una finestra.
Niente “vista mare”, mi concentro sul bistrot.
Il design, dai tavoli ai bibelot, è una commistione di anni '50 e post-industral. Mi piace. Ogni seduta
è diversa dall'altra, dalle forme ai rivestimenti (meravigliosamente retrò quelle in pied-de-poule).
La mise en place è ordinata, runner e porcellane Rak con design by Vavro.
Mi volto. Sento odore di buono, di casa. E' rassicurante.
E' l'aperitivo. Piccolo casatiello che profuma di infanzia, focaccina calda, cremoso di mais e pop
corn e un fagottino ripieno di maionese di pomodoro e caprino, forse troppo vivace rispetto al resto.
L'entrée è davvero una sorpresa. Magnifica crema di cocco (la consistenza mi ricorda una nuvola)
moscardini con essenza di bergamotto, polvere di prezzemolo, lenticchie croccanti e cocco rapè.
Soffice, avvolgente, carezzevole. A contatto sembra quasi dolce ma poi arriva il bergamotto che
modifica con convinzione il gusto. I moscardini morbidi ben contrastano con le lenticchie croccanti
che sono la vera intuizione del piatto.
Arriva il primo antipasto. Lumache di Briona in umido, zuppa di cipolle di Cureggio (presidio Slow
Food), robiola di Roccaverano e conchiglie di pasta soffiata. E' un omaggio a Novara. Reverenza
pura verso la terra. Mangiare questo piatto è come abbracciare la campagna piemontese e dirle,
sottovoce, “ti voglio bene”.
Il secondo antipasto invece mi fa sognare il mare. E ci riesce benissimo. E' una terrina croccante di
polpo (croccantezza doppia, impanatura di pane e grissini) quenelle di patate viola, chips di lattuga
di mare essiccata, brodo di katsuobushi (di palamita) e prezzemolo, aglio e peperoncino sferificato.
I profumi sono inebrianti. Affumicato e marino. Il polpo è morbido ma compatto e il brodo lo esalta
in modo brioso.
Il primo piatto mi lascia sul bagnasciuga. Cappellacci ripieni di provola affumicata, limone confit,
focaccia a pezzettini, spuma di prezzemolo, alici in crema e in piccoli tocchetti.
La salsedine è emozionante. Un piatto pieno di sensazioni marine, mai salato, mai troppo saporito.
Un piatto complesso per la potenza dei sapori ma che lo chef realizza con abilità. Avrei preferito la
pasta dei cappellacci più sottile ma è un piatto che rimangerei ancora con molto piacere. Sembra di
passeggiare sulla spiaggia controvento e vorrei che la spiaggia fosse lunghissima.
Il piatto sensazionale della serata è senz'altro il baccalà cotto sottouoto con la sua trippa, crema di
castagna, maionese di baccalà e tartufo nero. Profumi raccolti, armoniosi. Un gusto sincero e
goloso. Ho chiuso gli occhi, immaginando le acque fredde del nord. Per un momento ho creduto di
essere un pescatore professionista. Applausi.
L'altro secondo mi ha riportato su sapori più intensi e riservati alla terra. Piccione in rete, fegato
grasso, liquirizia e chips di scorzonera. Scioglievolezza! La liquirizia è la nota che rende il piatto un
momento esaltante. Pungente ma mai fastidiosa.
Sta per terminare il pasto. Lo chef inventa un pre-dessert semplice ma superbo. Spuma di basilico,
gel di lime, polvere di liquirizia e caramelle frizzanti. Ogni volta che mangio le caramelle frizzanti
sorrido come un bambino. “Chef, porta tutta il sacchetto!” Un bel momento di divertimento e di
freschezza.
Arriva il primo dessert. Polline, cremoso al the matcha, croccante di castagna, favo fresco, gelato
fiordilatte e miele, gelatina di aloe al gin tonic, lingua di gatto al miele.
Pensavo di volare come una piccola ape. Il dolce che ho preferito. Gustoso e inedito. In bocca è sia
fresco sia caldo. Una bella coccola.
Il secondo dessert raccoglie tutti i gusti e le sensazioni autunnali per trasformarle in un dolce
gastronomico. Sesamo e cacao croccante, frutti rossi, prezzemolo sferificato, meringa morbida,
gelato ai funghi porcini e gelato ai kaki. Impiattamento scenografico e gusti sofisticati. Immaginate
di essere in un bosco nel mese di novembre. Aria umida e profumi intensi. Ecco, state mangiando
con me questo dessert.
Chiudo con un buon caffè robusta (che consiglio di proporre moka o espresso) e con la pasticceria.
Mini aragostine forse un po' avanti di cottura, ottimi macaron cioccolato bianco e pomodoro, bignè
caffè e limoncello, gelée mango e frutto della passione, penne all'ananas e cocco che mi riportano
all'inizio di questo percorso entusiasmante.
Il dopo cena è un momento di parole con il giovane, appassionato e competente Chef Vincenzo
Manicone. I suoi occhi mi parlano con il cuore. Mi racconta di sapori genuini e autentici. Il suo
piatto preferito? La lasagna! Perchè “è buona così”. Sono d'accordo con lui. D'altronde, i suoi piatti
erano delle ottime lasagne fatte in casa. Bravi!
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